Stachybotrys chartarum
👨🏻🏫 Lo sapevi? Il micete Stachybotrys chartarum è una muffa nero-verdastra appartenente ai Deuteromycota

Caratteristiche
Il micete Stachybotrys chartarum (conosciuto anche come Stachybotrys atra, Stachybotris alternans, muffa nera e muffa nera tossica) è una muffa nero-verdastra appartenente ai Deuteromycota, un phylum di funghi dei quali non si conosce la riproduzione sessuata. Questo microrganismo prolifera a un’ampia gamma di temperature e richiede una percentuale di umidità di almeno il 15% nel substrato, un’umidità relativa del 70% e 90% e un substrato con alto contenuto di cellulosa (è un fungo cellulolitico). I materiali contenenti cellulosa, come fieno, grano, canapa, carta, detriti vegetali, radici morte, paglia, chicchi di cereali e molteplici materiali da costruzione (tra cui truciolato e gesso), raffigurano le condizioni di crescita ideali per il micete, dal momento che si inumidiscono e sono sottoposti a fluttuazioni di temperatura.
La prima descrizione di S. chartarum risale al 1837 grazie al micologo ceco August Carl Joseph Corda, il quale la isolò dalla carta da parati in una casa a Praga. Egli scrisse le sue osservazioni in un articolo intitolato “Icones fungorum hucusque cognitorum”, pubblicato su Bibliographical Notices.
Uno sguardo alla storia
S. chartarum, oltre ad essere un fungo saprofita, è anche patogeno, sia per gli animali che per gli esseri umani, e tale caratteristica fu riscontrata negli anni Trenta del 900 in seguito alla comparsa, in Ucraina e altre zone dell’Europa dell’est, di una malattia distinta da emorragie, turbe nervose e decesso, che colpiva i cavalli. Le analisi degli scienziati russi evidenziarono che tale patologia era connessa al micete che si moltiplicava sulla paglia destinata al nutrimento degli animali. La malattia venne denominata “stachybotryosi equina”. Negli anni Quaranta l’infezione da questo fungo coinvolse anche gli esseri umani, in particolare allevatori e stallieri, i quali manifestavano una sindrome respiratoria e una dermatologica, caratterizzate da dermatite, infiammazione delle vie aeree, congiuntivite, dispnea, tosse, febbre, emicrania e astenia, che insorgevano dopo due o tre giorni dall’esposizione.
Il caso in Ungheria
Nel 1977, in Ungheria, i lavoratori di una fattoria furono vittime di un’epidemia di stachibotriotossicosi, i cui sintomi erano analoghi a quelli documentati in Russia. Nonostante tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta aumentassero le pubblicazioni relative a questa patologia, Stachybotris non fu mai considerata come la causa potenziale.
Il caso di Chicago
Nel 1986, William A. Croft, Bruce B. Jarvis e C. S. Yatawara pubblicarono uno studio riguardante una pesante infestazione da S. chartarum in una casa nella periferia di Chicago. I membri della famiglia residente soffrivano di problemi di salute cronici contraddistinti da mal di testa, faringite, raffreddori, fiacchezza, diarrea, dermatite e malessere. I tre scienziati, in seguito a un campionamento ambientale nella casa, determinarono la presenza delle spore del micete, che cresceva in un condotto dell’aria e su alcune travi di legno del soffitto (ciò era favorito dalle infiltrazioni d’acqua con conseguente umidità). L’eliminazione del patogeno comportò la scomparsa della malattia.
Il caso di Cleveland
Nei primi anni Novanta, a Cleveland (Ohio), avvenne un’epidemia di emosiderosi (malattia da accumulo di ferro) polmonare nei bambini, i quali furono ricoverati in terapia intensiva a causa di disturbi respiratori severi. Le abitazioni dei pazienti, che erano state colpite precedentemente da alluvioni, furono sottoposte a campionamenti, che rilevarono alti livelli di funghi, soprattutto di S. chartarum e Memnoniella echinata. Questo episodio ebbe come risultato l’inizio della fama di Stachybotrys. Ciò che contribuì in maniera sostanziale alla comprensione del problema fu l’isolamento del microrganismo dal bronco-lavaggio alveolare di un ragazzo di sette anni affetto da tosse cronica, sfinimento, febbre intermittente e infezioni polmonari ricorrenti. C’è da dire che la sua casa aveva subito danni da inondazione e che nella carta da parati di una zona nei pressi della camera da letto fu individuato il fungo.
Filogenesi
Dominio Eukaryota
Regno Fungi
Phylum Deuteromycota
Classe Deuteromycetes
Ordine Moniliales
Famiglia Dematiaceae
Genere Stachybotrys
Specie S. chartarum
Morfologia
Al livello macroscopico S. chartarum presenta delle colonie dall’aspetto cotonoso o polveroso (ciò è dovuto alle masse di conidi), distinte da un colore che inizialmente è bianco e in seguito vira al nero-verdastro. Può capitare che il micete produca un pigmento marrone diffuso (Fig. 1).

Microscopicamente il fungo è caratterizzato da ife settate, conidiofori semplici o ramificati, solitari o in gruppi, dritti o flessuosi, ialini o grigiastri al principio, per poi diventare marroni-olivastri e infine neri (Fig. 2). All’apice sostengono una corona di fialidi.
Le cellule producenti i conidi si mostrano monofialidiche (con una fialide semplice), ellissoidali o fusiformi, divise o raggruppate. Le fialidi, raccolte in ammassi che vanno da 3 a 10, appaiono ialine e cilindriche, con una porzione gonfia all’estremità superiore.
I conidi sono aggregati in grosse teste dall’aspetto untuoso, spesso nere e luccicanti (Fig. 2C e 2D). Ogni conidio è acrogeno (nella catena il più giovane si trova in posizione apicale), dalla forma cilindrica od oblunga, tondeggiante a un’estremità o ad entrambe, ellissoidale o reniforme, dal colore grigio, verdastro, marrone scuro o nero, e dalla superficie liscia o verrucosa, a volte coperta da granuli scuri (Fig. 2).

Patogenesi
La patogenicità di S. chartarumè connessa alla sintesi di micotossine, precisamente i tricoteceni semplici e i tricoteceni macrociclici; nel primo gruppo rientrano la T-2 tossina, il tricodermolo, la tricodermina e il verrucarolo, mentre del secondo fanno parte le roridine, le verrucarine e le satratossine. Questi metaboliti agiscono inibendo la sintesi proteica nelle cellule eucariote, di cui le più vulnerabili sono quelle a rapida divisione, come le cellule del midollo osseo e le cellule degli epiteli del tratto gastroenterico. Inoltre, la solubilità dei tricoteceni con i lipidi consente la loro penetrazione nelle membrane cellulari e l’assorbimento attraverso la cute e le mucose. Oltre alle tossine, il micete produce anche la ciclosporina, una molecola con effetto immunosoppressivo.
Le molteplici micotossine sono responsabili di sintomi come orticaria, anoressia, vomito, diarrea, riduzione del midollo osseo, infiammazione delle membrane mucose orale e faringea, congiuntivite, emicrania, febbre, tosse, dispnea, emorragie polmonari, rinite emorragica, fatica e convulsioni.
Come abbiamo accennato all’inizio, l’infezione da S. chartarum non riguarda esclusivamente gli esseri umani, bensì anche gli animali, tra cui i cavalli che mangiano fieno contaminato. Essi possono manifestare iperestesia, iperirritabilità, cecità, stato confusionale, difficoltà nella deglutizione, diarrea, shock e cianosi. All’esame necroscopico si possono rilevare lesioni come emorragie diffuse, ulcere delle mucose del tratto gastroenterico, polmonite, infarti renali, necrosi epatica multifocale e necrosi del midollo osseo.
Bisogna sottolineare che S. chartarum è conosciuta come l’agente eziologico della Sindrome dell’Edificio Malato, che è legata alla proliferazione del micete all’interno di edifici costruiti con materiali ricchi di cellulosa e che sono stati vittime di alluvioni, con conseguente accumulo di umidità. Oltre all’elevato tasso di umidità, anche la scarsa ventilazione e i climatizzatori non igienizzati creano un ambiente idoneo alla persistenza del fungo, il quale rilascia spore che vengono veicolate dall’aria. Ciò comporta una pessima qualità dell’aria, pervasa da un odore forte e sgradevole che ricorda legno in putrefazione, e gli individui che vivono o che lavorano in edifici contaminati inalano le spore, sviluppando dunque i sintomi sopra elencati, che diminuiscono notevolmente dopo aver abbandonato l’edificio. Nelle case contaminate il fungo può essere nascosto nei soffitti, nei pavimenti o nelle pareti, e le spore escono attraverso buchi o crepe, oppure è possibile trovare zone coperte da “macchie” scure o nere (Fig. 3).
Identificazione
Per identificare S. chartarum all’interno di edifici contaminati si effettua l’ispezione visiva e il prelievo di campioni dalle superfici dove ci sono “macchie” scure che fanno supporre la presenza del fungo. Si procede poi con l’esame morfologico mediante osservazione al microscopio e semina su terreni di coltura; per una corretta identificazione si raccomanda l’utilizzo di Corn Meal Agar (CMA) e Malt Extract Agar (MEA). Altri terreni che possono essere impiegati sono Czapek Yeast Autolysate Agar (CYA) e Potato Dextrose Agar (PDA).
Quando si sospetta un’infezione da S. chartarum, l’iter diagnostico prevede l’anamnesi, l’osservazione dei segni clinici e la raccolta di campioni specifici in base all’organo interessato. Per esempio, in caso di reazioni allergiche come rash cutaneo o febbre da fieno si ricorre allo skin prick test e a un saggio sierologico per dosare gli anticorpi di tipo E, al fine di misurare la sensibilità al micete. Mentre se ci sono sintomi a livello polmonare, si preleva del bronco-lavaggio alveolare su cui eseguire l’analisi microscopica e colturale.
Un’ulteriore metodica a cui si può ricorrere è quella molecolare. In un lavoro del 2021, pubblicato su Archives of Microbiology, i ricercatori individuarono il micete nella polvere di fave mediante amplificazione tramite PCR (reazione a catena della DNA polimerasi) e sequenziamento. Essi usarono tre coppie di oligonucleotidi per amplificare tre geni, ovvero la sequenza ITS(distanziatore interno trascritto), il gene codificante per l’enzima gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (gpd) e il gene codificante per l’enzima tricodiene sintasi (Tri5), essenziale nello stadio precoce della sintesi dei tricoteceni.
Rimedi e prevenzione
La soluzione migliore per eliminare il micete all’interno di edifici contaminati consiste nell’applicazione di soluzioni contenenti ipoclorito di sodio sulle superfici contaminate e, se necessario, nella rimozione dei materiali contaminati. In questo caso, è opportuno mettere i materiali contaminati rimossi in buste di plastica. Tali procedure devono essere eseguite indossando dispositivi di protezione come guanti, maschere antigas e occhiali protettivi, dal momento che c’è il rischio di sprigionare della polvere che può aumentare l’esposizione al fungo e alle tossine. C’è da rimarcare che anche se il microrganismo viene rimosso dalle superfici, all’interno del substrato il micelio può permanere e proliferare di nuovo.
Per prevenire la formazione della muffa negli edifici, e i conseguenti problemi di salute, le misure da adottare sono le seguenti: permettere una buona ventilazione degli interni aprendo porte e finestre durante la giornata, non tenere accesi i riscaldamenti troppo a lungo, distanziare di qualche centimetro i mobili dai muri per consentire una maggiore aerazione, staccare la carta da parati dalle pareti più umide.
Per quanto concerne i problemi di salute dovuti all’infezione da S. chartarum, la terapia dei sintomi, per esempio quelli allergici, prevede l’uso di antistaminici, corticosteroidi e immunoterapia. Tuttavia, tali rimedi forniscono un sollievo a breve termine. La risoluzione completa dei sintomi (non solo quelli allergici) avviene in seguito alla rimozione del micete e/o all’allontanamento delle persone dagli edifici contaminati.
Fonti
Ari Bitnun and Robert M Nosal. 1999. “Stachybotrys chartarum (atra) contamination of the indoor environment: Health implications”, Continuing Medical Education
Scott A. Masten. 1994.“Stachybotrys chartarum (or S. atraor S. alternans). Review of Toxicological Literature”, Integrated Laboratory Systems, Inc. Research Triangle Park, North Carolina
Croft, W. A., Jarvis B. C., and Yatawara, C. S. 1986. “Airborne outbreak of trichothecene toxicosis”, Atmospheric Environment
Marlena Piontek and Katarzyna Łuszczyńska. 2021. “Testing the Toxicity of Stachybotrys chartarum in Indoor Environments—A Case Study”, Energies
D. M. Kuhn and M. A. Ghannoum. 2003. “Indoor Mold, Toxigenic Fungi, and Stachybotrys chartarum: Infectious Disease Perspective”, Clinical Microbiology Reviews
Youssuf Ahmed Gherbawy, Yassmin Mohamed Shebany, Eman Gamal Abd Elnaser Mohamed El-Dawy. 2021. “Detection of Stachybotrys chartarum isolates from faba beans dust during threshing”, Archives of Microbiology
https://www.pollinieallergia.net/un-fungo-emergente-lo-stachybotrys-cartharum-a108
https://www.apsnet.org/edcenter/apsnetfeatures/Pages/Stachybotrys.aspx
https://www.inspq.qc.ca/en/moulds/fact-sheets/stachybotrys-chartarum
https://bastamuffa.com/muffa-nera-stachybotrys-chartarum-pericoli/
https://library.bustmold.com/stachybotrys/
https://www.airoasis.com/blogs/articles/health-effects-black-mold-stachybotrys-chartarum
http://airquality.me.uk/gallery/attachment/dsc00026-3/
http://www.etandt.com/news/516/
https://paradigmchange.me/stachybotrys/
http://www.pf.chiba-u.ac.jp/gallery/fungi/s/Stachybotrys_chartarum_colony.htm
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